Per fare il verde non basta un albero…

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“Un melo ornamentale non può essere paragonato a un tiglio. Il problema non è tanto l’abbattimento di 300 piante l’anno bensì la loro impropria sostituzione”. Basterebbe l’esternazione di Marco, ex giardiniere, a riassumere il senso dell’incontro dedicato al verde pubblico, organizzato lunedì 16 aprile, presso la Biblioteca Loria, dalla Consulta Ambiente, alla presenza dell’assessore Simone Tosi. Una serata scarsamente partecipata, nonostante ogni abbattimento generi una indignata levata di scudi sui social. Ad aprire le danze, Mario Poltronieri che, a scanso di equivoci, e per fugare ogni dubbio circa l’immobilità della Consulta che presiede, mette le mani avanti: “il nostro è un organo puramente consultivo, l’Amministrazione fa ciò che vuole. Il nostro impegno però è costante ed è dal 2011 che che abbiamo sollevato, ad esempio, il problema della gestione dei viali alberati: da via Griduzza a viale Manzoni, passando per via Focherini. In via Griduzza abbiamo chiesto che i pioppi cipressini tagliati venissero sostituiti con delle siepi ma sinora tale indicazione è stata rispedita al mittente. Anche la nostra richiesta di poter esaminare il progetto di rifacimento dei Giardini dietro il Teatro è caduto nel vuoto, confidiamo che durante i lavori, nessun apparato radicale sia stato compromesso…”. Sollecitazioni tristemente ignorate ma, come ha sottolineato Vanel Salati, di Ekoclub, “Carpi non può permettersi 300 piante ad alto fusto tagliate ogni anno dal momento che il nostro territorio è uno dei più inquinati al mondo. Viviamo in una camera a gas ma l’aria è un bene pubblico e in quanto tale dev’essere tutelato. In città sono state messe a dimora 34mila piante: meno di mezza pianta per abitante, il rapporto è decisamente deficitario. Lo sviluppo sostenibile è una balla colossale, si sono preferiti catrame e cemento mentre dovremmo sfruttare ogni spazio disponibile per piantumare”. Tosi, dopo aver snocciolato i numeri del patrimonio green del nostro territorio (34mila alberi, di cui 11mila nei viali e 23mila nelle aree verdi), ha ribadito più volte come ogni abbattimento sia dettato “solo ed esclusivamente da ragioni legate alla sicurezza dei cittadini. Abbiamo un patrimonio arboreo vecchio, gli alberi dei viali sono stati perlopiù piantati negli Anni ’60 e ’70, e ora presentano problemi di stabilità. Qualche consigliere di minoranza ci ha chiesto di sostituirli tutti per rinnovare il patrimonio: io non mi assumo la responsabilità di tagliare alberi sani poiché la nostra politica è quella di abbattere solo esemplari malati o compromessi”. Tagliare, prosegue Tosi, rappresenta un “costo e non un vantaggio, sfatiamo dunque il mito che noi abbattiamo per risparmiare. Lasciare le piante dove stanno, al contrario, ha un costo pari a zero. Abbattere è impopolare, ogni volta che una pianta cade, nasce un comitato e assistiamo a un massacro mediatico… non lo faremmo se non fosse necessario. Ho fatto l’errore di non comprendere il repentino cambiamento che ha interessato la comunicazione. Oggi tutto corre e si consuma sui social pertanto, mi impegno a ingranare una nuova marcia e a comunicare in modo preventivo quali sono gli alberi malati e a geolocalizzarli prima di procedere con qualsivoglia intervento”. E se Alice Aldrovandi, fondatrice del Comitato Salviamo gli alberi a Carpi, ha chiesto a gran voce “di vedere la documentazione comprovante la pericolosità degli alberi mietuti”, un ex dipendente della Bonifica, ha invece accusato i manutentori del verde di “dar vita a potature dissennate. Vere e proprie capitozzature mascherate che compromettono la salute stessa delle piante”. E questa, probabilmente, è una delle sollecitazioni più interessanti nate nel corso dell’incontro, come ha ribadito anche Enzo Malagoli del Wwf: “il progressivo smantellamento dell’Ufficio Verde, oggi ridotto a 5 persone, ha creato spiacevoli conseguenze. Non si contano le volte in cui il Comune ha dovuto chiedere i danni alle ditte a cui aveva appaltato la manutenzione per aver causato danneggiamenti”. Un’occasione sprecata per almeno due ordini di motivi: l’assenza della cittadinanza e di una visione sistemica. Inutile focalizzarsi sui dettagli, quando non esiste un piano d’insieme sul lungo termine. Limitarsi a ragionare sui singoli abbattimenti è indice di una miopia non più accettabile, come ha sostenuto anche Guido, professione agronomo. “Un Comune come il nostro deve avere in programma un piano su larga scala per salvare la città dall’anidride carbonica e dalle polveri sottili. E’ necessario rimboscare, creare delle fasce di bosco intorno alla città, attraverso l’acquisto o l’affitto di terreni dismessi, ad esempio”. Le aree verdi urbane rappresentano una risorsa fondamentale per la sostenibilità e la qualità della vita in città. Oltre alle note funzioni estetiche e ricreative, esse contribuiscono a mitigare l’inquinamento delle varie matrici ambientali (aria, acqua, suolo), migliorano il microclima e mantengono la biodiversità.  Una visione più organica e una lettura maggiormente integrata del tema del verde urbano è ormai imprescindibile. Vero e proprio strumento di mitigazione ambientale, il verde è in grado di ristabilire – per quanto possibile – condizioni di naturalità in contesti sempre più antropizzati. Tosi ha parlato dell’introduzione dei cosiddetti “raggi verdi” e della costituzione del “primo quartiere 30”. Non basta per ridurre il gap creatosi. Che fine hanno fatto i progetti legati alla creazione di un grande parco urbano? Parco Lama e Cappuccina sono tramontati? E, ancora, città e campagna devono dialogare. Il suolo dev’essere difeso, strenuamente anche grazie all’aiuto di agricoltori più consapevoli. Prima che sia troppo tardi. Prima che la biodiversità venga completamente azzerata.
Jessica Bianchi

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