Il grido di aiuto arriva dagli italiani

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Piccoli, seppur controversi, “segnali di speranza per il futuro” stanno interessando il nostro territorio, spiega Alessandro Gibertoni, responsabile del Centro di Ascolto di Porta Aperta. “A distanza di dieci anni il numero delle famiglie incontrate ritorna su valori precedenti alla crisi del 2008”.
Ma il peggio è davvero passato? “Il calo registrato è un dato da leggere con prudenza. La contrazione riguarda in particolare le famiglie straniere: numerosi nuclei storici sono infatti stati costretti ad abbandonare Carpi, sfibrati da anni di difficoltà, alla volta di altri Paesi. Accanto alla perdita di appeal del nostro territorio dal punto di vista economico – lavorativo, si aggiunge poi il livello sempre più complesso di criticità in cui versano le famiglie italiane per le quali il centro diventa un salvagente a cui aggrapparsi per tentare di restare a galla”. A ben guardare, insomma, c’è poco di cui essere allegri.
“Nel 2017 le famiglie sono scese a 607, il 42% delle quali italiane, anche alla luce del potenziamento della rete dei centri di ascolto parrocchiali, capaci di intrattenere rapporti privilegiati e capillari con alcune famiglie in difficoltà”, prosegue Gibertoni. La partenza degli stranieri, un generale stallo sul fronte migratorio e il rafforzamento della rete di aiuto ci restituiscono la fotografia di una realtà mutata ma non per questo meno drammatica. Il grido di aiuto giunge sempre più dagli italiani: impoveriti, strozzati dai debiti e dalle spese legate alla casa, non sanno dove sbattere la testa.
Ad aumentare sono i padri separati e i single senza fissa dimora: persone costrette a dormire in auto o ad appoggiarsi ad amici e conoscenti, laddove la rete parentale è già stata bruciata.
A chiedere aiuto sono perlopiù gli Over 45: persone alle prese con gravissime difficoltà economiche, poiché espulse dal mercato del lavoro (circa la metà di coloro che si reca al centro di ascolto è disoccupata) o a causa di esigue e insufficienti pensioni.
Sul fronte lavoro, infatti, prosegue Gibertoni, “arrivano segnali contraddittori poiché al calo delle persone disoccupate si affianca il dato relativo alla diminuzione degli occupati in regola (19%).
Persone che non sanno come sbarcare il lunario, come sostenere la propria famiglia. Sono stati 6.563 i pacchi alimentari distribuiti da Porta Aperta a 540 famiglie (il 40% è costituito da famiglie italiane), generi di prima necessità che si sommano a quelli erogati dalle 19 parrocchie presenti sul territorio. La normativa entrata in vigore lo scorso anno, volta a razionalizzare l’utilizzo dei buoni lavoro, ha inferto un brutto colpo a Porta Aperta: “purtroppo, dalla primavera del 2017 non abbiamo più potuto far uso di tali strumenti per i lavori occasionali. Non aver previsto deroghe per realtà caritative del terzo settore ci ha privati di uno strumento flessibile e tempestivo che, in questi anni, ha parato parecchie emergenze economiche, (da voucher del valore complessivo di 16mila euro nel 2016 siamo passati a circa 5mila lo scorso anno) infondendo dignità e accrescendo l’autostima delle persone coinvolte”.
Per cercare poi di orientare al meglio il proprio intervento, Porta Aperta da quattro anni a questa parte realizza un vero e proprio focus sul tema dell’indebitamento. “La maggior parte delle 448 famiglie campionate – spiega Valentina Pepe – responsabile dell’Area progettazione di Porta Aperta Carpi – presenta almeno una morosità sulle utenze domestiche di luce, acqua, gas, rifiuti e spese condominiali”. Spesso le famiglie si trovano ulteriormente strozzate da debiti finanziari di vario genere a cui non sono perlopiù in grado di far fronte: “prestiti contratti per uso al consumo, o per sanare altri debiti o, ancora, per acquistare un’automobile”. I nuclei sui quali grava un mutuo sono solo 37: “21 sono morose e 12 hanno la casa pignorata. Dei 330 che vivono in affitto, 120 sono in ritardo coi pagamenti del canone di locazione e 18 sono le famiglie che hanno subito uno sfratto lo scorso anno”.
Una fotografia, quella dei bisogni della cittadinanza, a tinte fosche: il nuovo povero è italiano, disoccupato e stretto in una morsa di debiti. “Situazioni incancrenite da cui è difficile emergere”, conclude Pepe.
Jessica Bianchi

 

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