Claudio Lodi si è laureato con una tesi sui musei aziendali

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“La realtà museale d’impresa in Italia ha raggiunto un livello tutt’altro che trascurabile sia per le dimensioni, oltre un centinaio in totale i musei attivi, sia per l’affluenza. Il numero dei visitatori ha quasi raggiunto l’affluenza dei musei d’ arte e vede una costante crescita anno dopo anno. E infine bisogna considerare l’impatto positivo sul territorio in termini di indotto (ristorazione, alberghi, B&B, parcheggi e pedaggi autostradali)”: è il passaggio introduttivo della tesi di laurea intitolata I Musei Aziendali discussa il 4 dicembre scorso dal carpigiano Claudio Lodi, proclamato dottore a Milano. A festeggiarlo c’era la sua famiglia, i figli Elisa e Gabriele con Marco e Cristina, insieme ai cinque nipoti, agli amici e agli ex colleghi di lavoro.  
Una laurea conseguita a 66 anni ha ancora più valore se da sei convivi con la Sla, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, che rende la mente prigioniera di un corpo via via sempre più immobile. Nel corso dell’intervista realizzata un anno fa, Claudio comunicando attraverso il tablet, aveva scritto: “con il progredire della malattia si arriva al punto che il malato è spesso costretto a letto e qui sorge un grosso problema: come passare il tempo? Ogni malato si inventa qualcosa. Chi guarda la televisione, chi ascolta la musica, chi legge libri, chi si diverte a fare le parole crociate. C’è però anche chi non cerca neppure un passatempo, rimane a pensare, a riflettere, a morire lentamente… Il tempo come vedete assume una dimensione personale e siamo noi a decidere cosa farne, del poco che ci rimane. Io ho affrontato il problema quasi subito e ho deciso che non potevo stare a guardare le ante dell’armadio o la flebo che, goccia a goccia, fa scendere la pappa direttamente nel mio stomaco. Si è intensificata la passione di leggere libri e ho utilizzato i social network come Facebook per rinfrescare vecchie amicizie e farne delle nuove. Ma i social non bastavano e allora mi sono dedicato alla borsa vendendo e comprando azioni. Poi mi sono iscritto – continua Claudio con ironia – all’Università e mi sono rimesso a studiare Economia per capire perché perdevo in borsa…”. Nella tesi I Musei aziendali, Claudio Lodi si pone due obiettivi: studiare e comprendere la realtà dei musei aziendali (le diverse tipologie, le caratteristiche e il loro rapporto con il territorio) e approfondire le motivazioni alla base della scelta delle imprese di dotarsi di un museo aziendale. “Investire in un museo d’impresa significa investire nella conservazione della memoria, ma anche valorizzare ciò che la storia può rappresentare per il futuro. Pochi sanno che questi musei sono fucine di idee, laboratori all’interno dei quali nascono prodotti innovativi traendo ispirazione da ciò che è stato fatto; all’interno dei musei d’impresa vengono inoltre elaborate nuove strategie di marketing che indirizzano l’azienda verso percorsi innovativi di sviluppo. Questi musei non sono da interpretare quindi come luoghi di celebrazione del passato, ma come officine orientate al futuro”. In Italia, il primo museo aziendale è datato 1906 (Museo del Merletto Jesurum). In particolare, nei primi Anni Settanta molte aziende italiane (Pirelli, Martini, Richard Ginori, Alfa Romeo) cominciarono a realizzare collezioni e archivi aziendali, in seguito divenuti musei aziendali, con lo scopo di lasciare tracce tangibili dello sviluppo delle loro industrie e per illustrare l’attività o la loro storia imprenditoriale. Questo fenomeno raggiunse il suo apice negli Anni Ottanta e Novanta, quando il museo aziendale fu riconosciuto concretamente quale strumento di diffusione di valori nel campo culturale (Kartell, Piaggio, Ferrari, Ferragamo, Campari). La tesi di laurea si conclude con l’analisi di due casi: i Musei Ferrari, a Maranello e a Modena, e il Museo Nicolis a Villafranca di Verona. Oggi, terminata la triennale presso l’Università telematica Pegaso, Claudio Lodi ha già manifestato l’intenzione di proseguire, puntando alla magistrale ma il cruccio maggiore è legato alla comunicazione, progressivamente sempre più difficile perché se “fino a oggi la mano destra mi ha consentito l’ utilizzo del mouse per computer, smartphone e Ipad,  l’ultima spiaggia è il comunicatore oculare, che mi permetterà di comunicare con gli occhi, ma che tristezza dover esprimere concetti complessi e le nostre emozioni con una o due parole. Quello della non comunicazione è sicuramente l’aspetto della mia disabilità che mi pesa di più”. Intanto si gode con soddisfazione questo importante traguardo.
Sara Gelli

 

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