Intercettazioni telefoniche e ambientali dietro all’inchiesta che ha scosso i palazzi del potere

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Il 7 febbraio resterà negli annali come il D-Day, un’espressione presa in prestito dalla pagina Facebook del consigliere Roberto Benatti. Il giorno dopo l’interrogatorio, durato oltre sei ore di Diego Tartari, dirigente del Settore Restauro, Cultura, Commercio e Promozione economica e turistica, indagato nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti in Comune, e vede nel mirino alcuni tra gli eventi organizzati dal settore guidato dall’assessore alla Cultura Simone Morelli, si è letteralmente scatenato l’inferno. Tartari, dalle 15 alle 21, del 6 febbraio, accompagnato dal suo legale, è stato interrogato dal capitano Alessandro Iacovelli, comandante della Compagnia dei Carabinieri di Carpi e dal PM Claudia Natalini per far luce su numerose questioni al vaglio degli inquirenti. I capi d’imputazione che vengono ascritti al dirigente, ancora sospeso dal suo incarico dalla Commissione tecnica disciplinare voluta dal sindaco Alberto Bellelli, sono: turbativa d’asta in concorso con altri nella scelta del contraente per quanto riguarda due eventi, voto di scambio in concorso e tentata truffa aggravata in concorso ai danni dello Stato.
L’indagine però si è infittita e non poco.
Sarebbero alcune decine di migliaia, infatti, le intercettazioni telefoniche e ambientali in mano agli inquirenti nell’inchiesta che ha scosso i “palazzi del potere” della nostra città. Intercettazioni che hanno svelato dettagli inquietanti circa l’esistenza di un sistema torbido, fatto di intrecci, sopraffazione e brama di potere.
Dell’esistenza di un dossier stilato per far fuori dai giochi Bellelli in vista delle prossime Amministrative e orchestrato dall’assessore Morelli con l’appoggio di vari esponenti politici – locali, provinciali e regionali – i Carabinieri di Carpi sarebbero venuti a conoscenza alcuni mesi fa proprio attraverso tali intercettazioni: secondo il dossier, lo ricordiamo, la moglie del sindaco avrebbe acquistato un appartamento vendutogli sottocosto da un imprenditore il quale, in cambio, avrebbe ottenuto, per intercessione del primo cittadino, la concessione di diritti edificatori per far così partire i lavori per la creazione di un polo commerciale in città (ndr – una campagna diffamatoria smentita dalle indagini degli inquirenti). Il presunto scoop, poi, nei piani di Morelli sarebbe dovuto essere ripreso, “in una vera e propria catena di montaggio” dalla stampa. Insomma una macchina del fango di incalcolabili proporzioni pur di eliminare l’avversario e presentarsi come candidato all’appuntamento elettorale di maggio. “Uccidere politicamente Bellelli” attraverso una chirurgica operazione di diffamazione, pilotare bandi, organizzare eventi favorendo amici e amici degli amici per accrescere il proprio consenso tra i cittadini, chiedere l’appoggio della Curia per aumentare il suo elettorato assicurandosi di piazzare persone gradite al porporato in posizioni strategiche e facendosi carico delle spese di vari eventi organizzati dalla Diocesi con denaro pubblico, stringere la mano a qualche esponente della Lega Nord provinciale per contare sul loro appoggio attraverso la creazione di una lista ad hoc. Lo scenario è talmente inquietante da aver indotto il sindaco Bellelli, dopo mesi di immobilismo – dal 4 dicembre, ovvero dal primo blitz dei Carabinieri a Palazzo della Pieve, Bellelli si era limitato soltanto a ribadire il proprio appoggio alla Magistratura – a revocare le deleghe a Morelli. “Le indiscrezioni lette secondo cui, a parere degli inquirenti, l’artefice del piano sarebbe il vicesindaco e assessore Simone Morelli, rimangono tali fino al vaglio della Magistratura. Sono tuttavia sufficienti a incrinare il rapporto di fiducia nei suoi confronti e oggi (7 febbraio) ho revocato le deleghe”. Poche ore prima, Morelli, era stato lapidario: “sottolineo che non ho creato nessun dossier contro il sindaco Bellelli e contro nessuno. Sottolineo anche che non mi è mai stata chiesta da parte della Lega (ndr – la quale ha, a sua volta, smentito ogni accusa), o che io abbia chiesto alla Lega, una eventuale ipotetica candidatura alle prossime Amministrative”.
Come se uno non fosse sufficiente, ora di dossier ne spunta un altro relativo all’assessore all’Urbanistica, tra i fedelissimi di Bellelli, Simone Tosi, circa il comparto di via Nuova Ponente – Tangenziale Losi su cui insistevano due boschetti. Per qualcuno, infatti, le due fasce boscate sarebbero state vincolate e Tosi ne avrebbe sentenziato la distruzione per agevolare un costruttore, amico di famiglia nonché vicino di casa nella residenza estiva in Sardegna. Di tale falso documento (nel quale, ovviamente non c’è alcun cenno al fatto che l’area in oggetto fosse di proprietà privata) sarebbe stata a conoscenza l’assessore in quota cattolica Milena Saina (che lo ha negato): ne avrebbe parlato con un esponente delle Forze dell’Ordine, il quale lo avrebbe a sua volta riferito in Procura, contribuendo così ad aprire un altro filone di indagine. Dettaglio che non è piaciuto al sindaco il quale sta vagliando varie opzioni. E mentre la tensione rimane altissima, nei giorni scorsi dipendenti e dirigenti comunali sono stati convocati nella caserma di via Sigonio per testimoniare come persone informate sui fatti.
Insomma un brutto pasticciaccio che, abbiamo il sentore, sia ben lungi dall’essere concluso…
Jessica Bianchi

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