La mia vita ad Abu Dabhi

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Federica Melli, carpigiana, classe 1985, non è una ragazza che ripeta in loop “Voglio andarmene da questo Paese”. Lei se n’è andata davvero. Forte dell’esperienza della madre e del suo compagno, trasferitisi ad Abu Dhabi nel 2011 per intraprendere una attività di commercio di strutture per esterno importate dall’Italia, ha deciso nel 2013 di trasferirsi col fidanzato negli Emirati Arabi. Da un anno circa, dunque, vive e lavora in una realtà decisamente diversa dal Paese d’origine.

Come è nata la scelta di trasferirti all’estero?
“Ho vissuto in Australia per 6 mesi nel 2011 per imparare l’inglese; quando sono tornata in Italia mi sono resa conto dell’assenza di opportunità professionali, nessuna prospettiva a lungo periodo su cui poter investire. Il mio fidanzato e io non vedevamo la possibilità di avere un lavoro che ci garantisse di acquistare una casa a Carpi o comunque di poter fare progetti: precarietà in ogni ambito. Così ho raggiunto mia madre e ora curo la contabilità nella sua azienda”.

Cosa occorre fare per potersi trasferire ad Abu Dhabi burocraticamente?
“La burocrazia è meticolosa, non basta voler vivere lì per trasferirsi, come d’altra parte accade ovunque nel mondo. Si entra con un visto turistico, si può tentare di cercare un lavoro, ma senza contatti in loco che possano garantire per te e senza titoli di studio qualificati si fatica molto a essere scelti. Mentre in Australia puoi andare anche a fare il cameriere con un visto di lavoro temporaneo (che è quel che fa la maggior parte dei ragazzi italiani in Australia: camerieri, aiuto cuochi, agricoltori), ad Abu Dhabi scelgono i filippini per fare lavori che abbiano a che fare con hotel, ristoranti e assistenza alla persona. Gli indiani e i pakistani sono invece relegati ai lavori di bassa manovalanza meno retribuiti. Un italiano o un europeo in genere può trasferirsi ad Abu Dhabi solo se porta valore aggiunto con competenze qualificate. In caso contrario ottiene solo un visto turistico”.

Come trascorre la tua giornata tipo?
“Durante la settimana le giornate di un lavoratore sono simili a quelle di un italiano: 8 ore di lavoro con in mezzo la pausa pranzo. A cena si esce più spesso, però: gli stipendi sono più alti rispetto all’Italia e ci si concede qualche vizio in più. Là vanno per la maggiore i “mall”, i centri commerciali, aperti normalmente fino a mezzanotte senza giorni di riposo. Sono i luoghi di aggregazione per eccellenza”.

Qual è lo stipendio medio?
“Mediamente 3-4.000 euro al mese. E il costo della vita è più basso rispetto all’Italia; non paghi le tasse, ma solo una percentuale sul fatturato al socio locale dell’attività in cui lavori. La benzina costa 35 centesimi al litro. Addirittura nei centri commerciali ci sono aree allestite per chi ha redditi molto bassi in cui ci sono alcuni beni di prima necessità che vengono regalati, una sorta di Caritas dentro al supermercato. Sono abbastanza cari gli affitti, ma anche perché gli appartamenti sono tutti nuovi e grandi. Sono le aziende a pagare un’assicurazione medica obbligatoria per i lavoratori e spesso offrono benefit come auto e casa dove vivere. Molti italiani hanno ruoli prestigiosi nelle aziende, si occupano prevalentemente di importazioni dall’Italia e vendite. Gli uffici governativi, invece, sono esclusivo appannaggio di arabi e arabe vestiti con i tradizionali abiti emiratini, il bianco kandoura per gli uomini (una tunica) e la abbaya per le donne (un soprabito nero ricamato)”.

Quali sono le cose che secondo te funzionano meglio rispetto all’Italia e quali invece quelle in cui è l’Italia a eccellere?
“La sicurezza: ad Abu Dhabi si è tranquilli ovunque in qualsiasi ora del giorno e della notte. Da donna non ho mai avuto un timore. Ci sono controlli serrati, le leggi sono molto severe e vengono fatte rispettare; noi non chiudiamo nemmeno a chiave la porta di casa e anche le chiavi dell’auto restano nel cruscotto: nessuno ruba. Ci sono telecamere di sicurezza ovunque”.

Le pene sono severe se si commettono reati?
“Andare in carcere là significa trovarsi confinati nel deserto in condizioni difficili; se sei straniero e commetti un reato ti viene annullato il visto per sempre, prima del rimpatrio sconti la pena in carcere”.

Ti immagini di vivere per sempre ad Abu Dhabi o hai il sogno di tornare in Italia?
“Ho voglia di tornare in Emilia; considero questa un’ esperienza temporanea anche se potrebbe durare ancora molti anni, ma non mi sento una cittadina degli Emirati Arabi. Sono un’italiana che vive e lavora là. Parlo inglese, ma l’arabo non l’ho imparato, non è necessario: tutti parlano inglese ovunque, anche gli arabi più giovani tra loro conversano solo in inglese”.

La cosa che ti manca di più di Carpi?
“Passeggiare sotto il portico, incontrare persone che conosco e scambiare chiacchiere, il rito dell’aperitivo che là non esiste, gli amici e anche il mio cane che adesso vive da una zia. Ora ci stiamo organizzando per una casa tutta nostra dal momento che ad Abu Dhabi viviamo in una grande casa con mia madre e il suo compagno: occorre però pagare un anno di affitto anticipato con un assegno e non si scherza. Per un assegno scoperto c’è il carcere e procediamo un passo alla volta”.

Vedendo come funziona altrove, c’è qualcosa che consiglieresti al sindaco di Carpi per trovare qualche soluzione urgente ai problemi che vedi quando torni nella tua realtà?
“Maggiore rigore, controlli, poca tolleranza verso chi sporca la città. Ad Abu Dhabi fanno attenzione alla pulizia, al decoro dei palazzi, a come vengono tenuti parchi e luoghi pubblici in genere: quando torno a Carpi vedo luoghi indegni di una città civile come è sempre stata, penso soprattutto alla zona di via Unione Sovietica e zone limitrofe dove ci sono discariche a cielo aperto”.

Come ti sei adeguata ai loro usi e costumi, piuttosto repressivi per quanto ne sappiamo?
“Non ci si può baciare in pubblico, per esempio; niente slanci affettivi. Va detto, però, che si registra maggiore tolleranza rispetto al passato, ad esempio due baci di saluto sulle guance sono possibili. Gli stranieri sono oggi la maggioranza della popolazione in tutti gli Emirati e non potrebbero esistere norme stringenti come quelle applicate in Arabia Saudita, dove una donna deve avere per forza il velo, non può guidare e non può camminare vicino a un uomo che non sia un parente stretto. Ad Abu Dhabi tutto questo non esiste, ma baciarsi sulle labbra in pubblico porta dritti al comando di polizia. In compenso è tollerato l’alcol anche se la loro cultura è musulmana. Si trova in zona franca, dentro hotel e locali, di certo non si può bere per strada. Si trova anche il maiale in zone nascoste riservate ai non musulmani nei supermercati, ma non i nostri prodotti emiliani: quando torno a Carpi la prima cosa che faccio è una grigliata con salsiccia e pancetta”.

Ti sei fatta amicizie locali?
“Spagnoli, italiani, ma arabi ancora no. Gli emiratini escono tra loro, sono gruppi di amici un po’ chiusi. Sono però molto gentili e cordiali nei confronti di tutti”.
Clarissa Martinelli

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